Riprendiamoci la memoria è un percorso storico progettato e curato da Free4Future che, dal 17 novembre [2025] al 26 gennaio [2026], racconta ciò che spesso resta fuori dalla narrazione pubblica: la vita [degli ebrei] sopravvissuti dopo il 1945, quando la liberazione non coincide con la fine della persecuzione.
Lontano dalla retorica e vicino ai documenti
Riportiamo titoli e incipit dei post nell'ordine in cui son stati pubblicati dal sito originale.
1 - Riprendiamoci la memoria. Un progetto di Free4Future
Può sembrare paradossale, ma l’antisemitismo che risorge e che attacca oggi nella sua forma più brutale, quella eliminazionista, si nutre anche di memoria.2 - Il filo spinato dopo la Shoah
Nel dopoguerra, il filo spinato non spariva: cambiavano soltanto i guardiani. Nel 1945, la liberazione non coincise con la fine dei campi. Molti ebrei sopravvissuti furono trasferiti nei Displaced Persons Camps [DP camps]: strutture allestite spesso negli stessi spazi dei lager, con baracche, recinzioni e sorveglianza militare. (Continua a leggere)
3 - Il rapporto Harrison – La continuità della prigionia
4 - Il ritorno impossibile. Una casa che non c’è più
5 - Il 1946: l’anno dimenticato della violenza antiebraica
6 - Case senza ritorno: il dopoguerra che l’Europa ha dimenticato
Fu l’ingresso in un continente che non era pronto a rivederli. Le proprietà abbandonate durante la deportazione erano state occupate, redistribuite, assegnate ad altri. E quando i sopravvissuti tentarono di rientrare, si trovarono davanti un dato strutturale che i documenti del dopoguerra ricostruiscono con precisione: la quasi totale scomparsa della possibilità di recuperare ciò che era stato loro sottratto. (Continua a leggere)
7- Le radici dell’ostilità: perché il dopoguerra non fu un nuovo inizio
8 - La nuova caccia all’ebreo: i pogrom dopo la liberazione
9 - La Struma: una tragedia del blocco britannico (1941–1942)
Nel dicembre 1941, una vecchia nave cargo rumena, la Struma, lasciò il porto di Costanza con a bordo 769 ebrei in fuga dalla Romania filonazista. Molti erano sopravvissuti del pogrom di Iași; altri avevano dato tutto ciò che possedevano per salire su quella nave malandata, nella speranza di raggiungere la Palestina mandataria, unico rifugio percepito come sicuro. La Struma aveva un motore difettoso [...] andò in avaria lasciando la nave alla deriva [...] A parte un bambino provvisto di documenti validi, gli altri 768 sopravvissuti a bordo non furono mai autorizzati a scendere e rimasero sulla nave per 70 giorni [...] il 24 febbraio, la nave fu colpita dal siluro di un sottomarino sovietico [...] La nave affondò nel giro di pochi minuti. Morirono in 767 [...], per annegamento e ipotermia.
Per le comunità ebraiche dell’epoca, la Struma divenne simbolo della totale assenza di protezione internazionale durante la Shoah e della volontà — politica più che bellica — di impedire agli ebrei di trovare un rifugio. (Leggi il post originale e integrale)
10 - Il ritorno che non c’è mai stato
Quando la guerra finì, molti sopravvissuti fecero la cosa più naturale: provarono a tornare a casa. Non cercavano solo la normalità, ma anche un luogo che fosse ancora loro. Una porta da aprire. Un tavolo, una stanza, un oggetto che li riconoscesse. Il ritorno, però, non fu come se lo erano immaginato. In molte città dell’Europa orientale, gli ebrei trovarono solo ostilità. La società, che da sempre era stata antisemita, non era cambiata. L’odio verso gli ebrei era intatto. (Continua a leggere)
11 - Dopo la guerra: ostilità, assassinii, mancate restituzioni
12 - Frontiere chiuse, sopravvissuti in trappola
13 - 1946, persecuzioni senza fine
14 - Dalla Polonia a Baghdad, storie di un dopoguerra senza scampo
Nato e cresciuto a Baghdad, in Iraq, nel 1931, in una comunità ebraica irachena che viveva lì da millenni. Frequentava la scuola Shamash, studiava arabo, inglese ed ebraico. [...] Poi arrivò il Farhud. Farhud in arabo significa saccheggio. E il Farhud di Baghdad è rimasto nella storia del paese come il più pogrom più sanguinoso. Ma non l’unico. (Continua a leggere)
15 - Pogrom. Due continenti, nessuna salvezza
Baghdad, 1–2 giugno 1941: il Farhud - Il pogrom noto come Farhud esplose nella capitale irachena il 1° giugno 1941, durante la festa di Shavuot. La comunità ebraica di Baghdad, radicata da oltre duemila anni, venne improvvisamente travolta. [...] Il Farhud - 150/180 morti secondo i dati ufficiali, fino a 600 secondo alcune ricostruzioni comunitarie, che includono i corpi sepolti in fosse comuni non registrate - costituisce l’esempio emblematico dei pogrom nel mondo arabo di quegli anni: un evento improvviso, violento, distruttivo, che mostra come, anche fuori dall’Europa, gli ebrei vivessero una condizione di vulnerabilità estrema. Kunmadaras, 21 maggio 1946 - Il 21 maggio 1946, in un piccolo villaggio agricolo dell'Ungheria, una folla inferocita, mossa dai secolari pregiudizi antiebraici, si scagliò contro la comunità ebraica. Morirono 3 persone e un’ondata di terrore travolse il paese. (Leggi il post originale e integrale)
16 - Condannati dal Libro Bianco
Nel momento in cui l’antisemitismo esplodeva ancora una volta in Europa, e i pogrom si moltiplicavano anche nel mondo arabo, Londra decise di restringere l'accesso alla Palestina, l’unico luogo che fino a quel momento aveva rappresentato una speranza concreta di fuga per molti ebrei, ponendo un tetto massimo di 75.000 ingressi su cinque anni. (Continua a leggere)
17 - Europa, mondo arabo: la mappa rimossa dell’odio antiebraico
18 - 1920-1947 l’odio dimenticato: i massacri nel mondo arabo
La memoria pubblica ha concentrato a lungo l’attenzione sull’Europa nazista e sul genocidio, lasciando in ombra un’altra geografia dell’antisemitismo: quella che attraversò Paesi arabi e musulmani, spesso in presenza di potenze coloniali europee. tuttavia, fra la fine degli anni Trenta e il 1947, l’area che va dal Nord Africa al Medio Oriente attraversò una fase di ridefinizione politica che coinvolse direttamente le comunità ebraiche. Il risultato è un quadro incompleto: si conosce la distruzione fisica degli ebrei sotto il nazismo, ma si ignora quasi del tutto il sistema di violenze, restrizioni, pogrom e discriminazioni che colpì le comunità ebraiche in Iraq, Libia, Tunisia, Siria, Yemen, Egitto e nella stessa Palestina mandataria. (Continua a leggere)
19 - “Quando le porte rimasero chiuse”
Quando si parla della Shoah sui libri di Storia, la narrazione è spesso asettica. Si descrive una sequenza di momenti, che hanno via via esacerbato la situazione degli ebrei - leggi razziali, beni distrutti, ghetti, deportazione - fino al loro annientamento. Una sequenza che non pone mai l’accento su quanto non fu fatto per impedire il genocidio. Questo perché, a parte eccezioni che è doveroso ricordare, effettivamente non fu fatto nulla. La Seconda Guerra Mondiale, così come la leggiamo oggi, fu un’eroica missione con cui le democrazie occidentali combatterono Adolf Hitler. In realtà esiste un sottotesto, scomodo, che cela l’indolenza e la noncuranza di quelle democrazie di fronte a uno sterminio di cui tutti erano a conoscenza. (Leggi il post originale)
20 - Jan Karski e Witold Pilecki: quando la testimonanza non basta
Quando si tratta della Shoah, ci si fanno spesso molte domande. Quelle più ricorrenti sono però due: “Come è potuto accadere?” e “Come è stato possibile che, chi poteva intervenire, sia rimasto immobile mentre 6 milioni di esseri umani venivano assassinati?” // Per rispondere, è sufficiente leggere le storie di due uomini che, più di chiunque altro, fecero di tutto perché la verità arrivasse sulle scrivanie dei capi di governo alleati: Witold Pilecki e Jan Karski. Witold Pilecki compì un gesto che nessun’altra figura della Resistenza europea tentò mai: si fece arrestare per entrare ad Auschwitz. Voleva vedere e documentare quello che stava accadendo, per organizzare una rivolta armata. [...] Jan Karski, al contrario, scelse un’altra forma di esposizione: diventare gli occhi e la memoria di chi non aveva più il diritto e la possibilità di parlare. Entrò di nascosto nel ghetto di Varsavia, poi in un centro di transito per Bełżec. Vide e poi riportò ciò che molti, all’estero, non potevano nemmeno immaginare... (Leggi il post originale)
21 - Le conferenze che hanno condannato gli ebrei
Nel gennaio 1942 e nell’aprile 1943 si svolsero due conferenze che, pur in contesti opposti, furono cruciali nel determinare la sorte degli ebrei europei: la Conferenza di Wannsee e la Conferenza di Bermuda. La prima stabilì l’organizzazione amministrativa dello sterminio; la seconda sancì l’assenza di un intervento internazionale che potesse ostacolare le mire naziste. Questi due eventi circoscrivono uno dei passaggi più critici della storia della Seconda Guerra Mondiale. La Conferenza di Wannsee, convocata il 20 gennaio 1942 nella periferia di Berlino, riunì i rappresentanti delle SS e dei principali ministeri del Reich. Non si trattò del punto di inizio dello sterminio, dal momento che era già stato avviato nei territori orientali occupati sin dall’estate del 1941. Ne rappresentò, però, la formalizzazione burocratica. (Continua a leggere)
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