Scudetto da braccio della Divisione italiana Garibaldi |
Il 3 giugno 1987, in preparazione del libro Sile, alla scoperta del fiume, incontrai nella sua abitazione di Roncade (TV) Giuseppe Cecchinato, classe 1915. Scopo dell’intervista era conoscere in cosa consistesse il mestiere di lavandaio, che la sua famiglia e un gruppo di altre famiglie di Roncade abitanti lungo il fiume Musestre per tanti anni avevano svolto, sulle orme dei propri antenati.
Verso la fine della cassetta, Cecchinato iniziò a raccontarmi della guerra… e lasciai scorrere il nastro.
Nastro del cui contenuto mi ero completamente dimenticato fino ai giorni scorsi, quando emerse durante l'ennesimo tentativo di mettere ordine nella mia "raccolta di storie".
0:00 - Mi racconti di Tito, dove vi hanno preso?
Ero degli alpini, ero
qua a Belluno. Ero della Pusteria, ma la Taurinense che ha rimpiazzato la Pusteria in Montenegro, Jugoslavia, era venuta in Italia. Le occorrevano 200 uomini e li ha chiesti a Belluno. In poche parole sono andato a finire nella Taurinense.
0:23 Capita l’8 Settembre. Eravamo 24 divisioni italiane, là in Jugoslavia e i tedeschi erano 5 divisioni, che potevamo “mangiarli” tutti ma… - siccome i generali uno voleva andare coi tedeschi, l’altro coi tedeschi… e hanno ormai lasciato i nostri pezzi di artiglieria ai tedeschi, non ci restava che andar coi tedeschi
0:45 [Ma] un maggiore si è imposto e ha detto «Fioi, ascoltatemi, tentiamo di andare in Italia, non andiamo con i tedeschi, a farci portare in Germania». Eravamo all’interno del Montenegro, e il porto più vicino sarebbe stato Cattaro
- Chi era il maggiore?
Raunich, un fiumaro, in gamba, sapeva parlare bene lo slavo, di origine era di quelle razze là… [1]
01:07 Fra noi si parla di venire a casa e i piemontesi si sono messi a gridare “el custa quel ch’el custa, evviva l’Aosta” [2]. Il giorno dopo i tedeschi ci sono sopra con gli aerei, ci bombardavano e buttavano giù anche manifestini “arrendetevi perché quelli che non si arrendono entro il tal giorno saranno fucilati”.
Noi avanti, avanti, avanti… ci siamo portati alle Bocche di Cattaro, sempre seguiti dai tedeschi.
- Quanto tempo ci avete messo?
Dieci-dodici giorni.
01:45 Gli alpini hanno tentato di prendere il porto, è stato un massacro. Del porto si sono impossessati i tedeschi, e non c’era più niente da fare. Tanti si sbandavano. Gli ufficiali gli dicevano “se vuoi andar via, vai via con l’arma, vai via senza”. Potevamo andare dove volevamo, avevamo carta bianca
02:05 Io sono sempre stato con la massa. Siamo là alle Bocche di Cattaro, sulla piana di Li[?...], il maggiore ha fatto l’adunata e ci dice: «Fioi, avete visto, credevamo di arrivare prima noi e di impossessarci del porto, ma l’hanno occupato i tedeschi. Chi ha fiducia di stare con me, resti con me, che cercherò di portarne in Italia più che sia possibile. Se volete andare per conto vostro, andate. Fate quello che volete, però avete visto che quelli che si sono sbandati, sono durati pochi giorni». Trovavano i borghesi, con la disfatta dell’esercito italiano, che gli puntavano la pistola, e via: cavati quella giacca, cavati quelle scarpe che servono a me. Dice “qui non resta che andare con i partigiani di Tito”, che ormai gli altri ci avevano dato l’ultimatum, chi andava più coi tedeschi? Ci avrebbero ammazzati tutti, come hanno fatto sull’isola di Corfù [Cefalonia]
02:55 In quel momento era commissario un partigiano che ci ha detto: «Se fino a ieri siete stati i nostri nemici, ricordatevi - se volete combattere a fianco nostro - l’esercito di Tito non è un esercito regolare. Noi non abbiamo viveri sufficienti. Per mangiare bisogna attaccare le colonne tedesche e portarli via ai tedeschi, e per vestirsi bisogna spogliare i tedeschi».
03:19 Ero con uno da Fiera di Treviso, certo Aldo De Boni. « … Dai, noi stiamo qua … no andiamo via … ma dove vai?» … e in due tre si sono sbandati. Io stavo sempre con la massa. In quel momento hanno preso il comando loro, i partigiani. Ci hanno diviso: “Prima brigata d’assalto” e io sono stato messo nella Seconda brigata.
03:39 Ci hanno fatto tornare all'interno del Montenegro dove c’era un’altra divisione di fanteria che non ha voluto arrendersi – la divisione Venezia, con la maggior parte [dei soldati] da Arezzo-Firenze. Siamo andati là, i tedeschi ci hanno fatto pressione, ci hanno circondato. Una bella notte siamo là nella montagna, e là è stata la disfatta. Cominciamo ad andar su in queste montagne, si viveva sempre in alta montagna … si viveva come lepri, mai star fermi un giorno, perché [i tedeschi] saltavano fuori di qua, saltavano fuori di là.
- Che paese era, del Montenegro?
Nexi [?], Cetinje, Podgorica: ho dei libri di storia, sono stato decorato da poco, da loro, dagli slavi.
04:28 Inizia il tifo petecchiale. È un pidocchio infetto che quando pungeva, su mille se ne salvava uno, non c’erano né medicine né niente. Pensa: pieni di fame, rotti e sbregài, col tifo addosso, chi restava indietro e chi moriva. Non c’era niente da fare.
04:49 Dopo un pochi di giorni capita anche a me. Restiamo indietro in cinque-sei, in mezzo alla neve. Alla notte abbiamo dormito nella casa di un capo villaggio, e alla mattina una febbre alta, non ero capace di camminare, mi appoggiavo al muro. Questo padrone di casa “italiansko tifo… nema tifo”, aveva paura di prenderlo e ci ha buttato fuori. Eravamo in cinque e siccome era morto uno lungo la strada, gli avevo preso il pastrano e sono andato a venderlo in una casa e mi hanno dato un pochi di fagioli. Si viveva così, non c’era più niente.
05:36 Non ce la facevo più a seguire gli altri, e loro “forza Bepi, forza”… e a un certo momento mi hanno abbandonato. Ho buttato via perfino i fagioli per alleggerire lo zaino. Vado avanti, cammino – si camminava anche dalla mattina alla sera per trovare una casa – e trovo due case, tutte piene [di soldati] col tifo petecchiale. Vado dentro, ormai ero perso completamente, me la facevo addosso, mi urinavo addosso, gridavo, ero al bivio.
06:05 Succede che ci sono i tedeschi che fanno una puntata, un rastrellamento. Gli ufficiali di fanteria della divisione Venezia - per fortuna che avevano un pochi di soldi - hanno comprato dei cavallini per portare via i più gravi, fra i quali c’ero anch’io. All’inizio sono montato a cavallo, e quando il cavallino andava fuori dalla pista della neve battuta, che andava sul moƚo [soffice], cadevo a terra. Allora il conducente del cavallino mi incitava “aggiustati un poco”, ma non avevo forza per tenermi, avrò pesato 40 chili. Mi ha legato sul basto con una corda, e cammina, con una mano a penzoloni. Camminiamo, camminiamo e arriviamo in un posto: anche là case piene di soldati col tifo petecchiale.
06:45 Viene fuori un ufficiale che ci indica una piccola scuola: «Provvisoriamente andate là, per questa sera […] finché abbiamo qualcosa da mangiare andiamo avanti e dopo non si sa come andrà a finire».
- In pieno inverno?
Inverno, inverno, con due metri di neve.
- In che zona era?
Vicino a Nixie [?], Codas [?].
07:10 Avevo un sergente maggiore, che è ancora vivo: “dai che andiamo via” ... “ma dove vuoi che andiamo” ... “non vedi che ieri mattina c’erano due tre morti”… li tiravano fuori per le gambe, li seppellivano in mezzo alla neve, gli levavano – se era in buoni stati – la giacca, e andavano a venderla per le case per un po’ di pane, un po’ di polenta.
07:27 Per fortuna io, un po’ alla volta, ho superato e sono stato meglio. Ma dopo hanno rifatto di nuovo la brigata, e giù a combattere ancora, che dopo siamo andati fin sul Durmitor, nelle più alte montagne del Montenegro e ormai eravamo accerchiati dai tedeschi.
Per fortuna ai tedeschi occorreva della forza da portare in altra parte, hanno levato i tedeschi da lì e ci siamo salvati, sennò eravamo tutti morti
07:54 Insomma, per farla corta, di 23.000 siamo tornati in 3200.
- Addirittura! ... Si è pentito di essere rimasto?
Una carta era: da giocare. Cosa vuole, pentito… può darsi che se andavo in Germania fossi morto.
Medaglia della Divisione Garibaldi, Montenegro 1943/45. |
viene un’altra volta le mostro tutto) con una medaglia-ricordo, non al valore. Abbiamo un’Associazione di Garibaldini [3] perché delle due divisioni - la Taurinense alpina e la Venezia – ne hanno fatto una cui hanno messo nome Divisione Garibaldi.
Quando siamo tornati in Italia, noi 3200 abbiamo firmato tutti, volontari, di venir a combattere sul fronte italiano. E ancora, siccome la nostra non si poteva più chiamare “Divisione” … siamo arrivati in 3000 uomini ma bisognava essere in 12000 uomini per chiamarla “Divisione Garibaldi”. Erano morti quasi tutti… allora: “Reggimento Garibaldi”, aggregato alla Folgore.
09:07 - Quando siete arrivati in Italia?
Il 9 marzo del 1945.
- C’erano ancora i tedeschi.
C’erano sì.
- Dove vi hanno portato?
A Brindisi, e dopo a Taranto.
- Nella Bassa.
Sì.
Là … “è meglio firmare volontari” … “che anche noi per salvare l’onore dei nostri compagni” … “che un domani l’Italia poteva avanzare dei diritti nei confronti degli americani” … “ma cosa, firmare volontari, che siamo arrivati in 3200 uomini e adesso dobbiamo lasciarci la scorza qua in Italia” … “ma, speriamo che presto vada finita”… e di qua e di là. Infatti poco dopo è finita.
09.43 Firmato da volontari ci hanno mandato a Viterbo. Là, istruzioni con le nuove armi, e compagnia bella.
È stata la Casa Savoia che ci ha fatto stare là noialtri. Perché quando la Casa Savoia è scappata da Roma è andata giù in Bassa Italia, dove si è messa a collaborare con gli americani, perché sperava di “restare su”. Che se loro volevano, dalla Bassa Italia, potevano venirci a prendere quando volevano.
Dopo sette otto mesi [che siamo tornati ... ], qua hanno formato le nuove divisioni di italiani che esistono ancora: la Folgore, la Friuli…
10:27 La Casa Savoia durante questo periodo aveva fatto a Roma, su un bellissimo albergo in via Flaminia, la “Casa del Combattente” e ci mandava per 15 giorni – hanno mandato anche me – in licenza premio. Il giorno dopo che era finita la licenza premio è finita la guerra. Sono venuto a casa in licenza e dopo sono tornato su, sono andato a presidiare a Bolzano, a Merano.
10:52 Sono venuto a casa col mio congedo, con le mie stellette: tutto regolare. Fatta una guerra persa e una guerra vinta!
11:00 - In che giorno è venuto a casa?
Nel novembre del ’45.
Visto che noi eravamo soldati italiani che erano stati mandati là, loro ce l’avevano più che altro coi fascisti, i tedeschi e i fascisti, ma noi che eravamo soldati mandati là, visto e considerato che noi abbiamo rifiutato di andare con i tedeschi e [scelto] di combattere a fianco di loro a noi non che ci trattassero male…
11:25 Pensa che due anni fa ci hanno invitato, siamo andati in duecentocinquanta - anch’io e mia moglie - otto giorni. Abbiamo girato in tutta la Jugoslavia. Sono venuti a prenderci con le corriere a Trieste. Ci hanno fatto feste, e che feste: un monumento per tutti gli italiani, quelli morti là. [4] E hanno detto che non dimenticheranno mai il contributo che abbiamo dato noi, perché il loro sangue è stato mescolato col nostro sangue.
Per un quadro generale (nel web) di quanto raccontato dal testimone Cecchinato cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Divisione_italiana_partigiana_%22Garibaldi%22_(Montenegro)
e il giudizio di Lando Mannucci presidente dell’Associazione dei veterani garibaldini https://anvrg.org/events/l8-settembre-dalla-parte-nostra/
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Ravnich - "Fiumaro": di Fiume.
[2] http://www.anaaosta.it/ca-cousta-l-on-c-a-cousta.html
[3] ANVRG - Associazione Nazionale Veterani Reduci Garibaldini. Vedi - nella rivista Camicia Rossa, organo dell’ANVRG - il diario di viaggio in Montenegro nei luoghi della divisione Garibaldi del figlio di un reduce, con la guida dello storico Eric Gobetti, che sull'argomento ha scritto un libro e diretto un film.
[4] Il monumento Pljevlja, Montenegro
- Il link nel testo è a una foto di Alessandro Federico presente su Google Maps. - https://it.wikipedia.org/wiki/Divisione_italiana_partigiana_%22Garibaldi%22_(Montenegro)#Il_monumento_commemorativo ]
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